La perla nascosta

(1855 – 1895)

La sua è la vita di un fiore della Passione, sbocciato ai piedi della Croce e subito alimentato dalla sofferenza, fino a raggiungere in breve la conformità allo Sposo. E come il Signore Crocifisso è disponibile e aperta a tutte le esigenze della carità: i poveri, le consorelle ammalate, le alunne moralmente più bisognose.

Giuditta (la futura Sr Marcellina) nasce a Perugia il 18 novembre 1855. Non conobbe mai sua madre, che l’aveva data alla luce come figlia illegittima e la abbandonò al momento della nascita in un brefotrofio. Il giorno seguente fu battezzata e fu accolta da una famiglia che la adottò come figlia, dandole anche il suo cognome; Giuditta cresce buona e devota, amata e trattata come gli altri figli della famiglia Loreti. Ma a 11 anni, forse per un problema economico, forse per consiglio del parroco che non accettava le sue origini, fu riportata nell’Istituto delle Suore di Carità, dove Giuditta, buona come sempre, imparò i lavori manuali tipici del tempo, nei quali divenne espertissima. A 25 anni manifestò il desiderio di consacrarsi al Signore e le Suore di Carità la orientarono all’Istituto delle Passioniste che stava rinascendo a Signa e che, fedeli all’ispirazione del Ritiro S. Gallo, accoglievano anche le vocazioni che provenivano dalle bambine accolte per la rieducazione.

Giuditta iniziò la formazione iniziale e prese al Noviziato il nome di Sr Marcellina della Coronazione di Spine; fu compagna di Sr Angelica che ne testimonia il buon esempio, la virtù e la carità instancabile verso le ammalate.
Un dipinto a Casa Madre la ritrae mentre contempla il Crocifisso. È tutto ciò che ha fatto nella sua vita: ripetere fedelmente le disposizioni intime del Crocifisso, che spogliò se stesso fino ad assumere la condizione di servo. Dotata di doni mistici, viene spesso vista in atteggiamento estatico e sopporta prove spirituali che la rendono sempre più unita al Signore. Ma questo non spegne in lei, anzi lo alimenta, l’ardore della carità e della donazione, che la rende autenticamente profetica tra le Sorelle e le alunne. Chiede alla Madre Pia che “se Iddio permettesse che fossimo chiamate, come tante altre comunità, a far bel bene all’estero, io sento il desiderio di unirmi a quelle che saranno destinate a questa missione”.
Non si fermava mai nel servizio alle suore e alle alunne; queste ultime formano il suo interesse principale, perché giovani già esperte del male della vita, quindi maggiormente bisognose di cure, di testimonianza, di luce. Fu udita pregare spesso: “Signore, insegnaci a stare con le bambine” e riversava la sua predilezione sulle più ribelli, quelle che la deridevano e mal sopportavano il bene che veniva loro fatto.
Tutti potevano chiederle qualsiasi cosa, sembrava non fosse mai stanca, eppure soffriva molto per un tumore al fegato che la colpì prima dei 40 anni: era un sì per tutti. Il profumo della sua santità non rimane nascosto nel convento, ma si sparse tra la popolazione di Signa, che la chiama la suora santa, quando, il 6 marzo 1895, ritorna alla Casa del Padre.

(Come hanno testimoniato, pp. 57 – 76).

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