“Sentinella, che ora è della notte?”

Is 21,11

(1876 – 1960)

Fa parte del primo gruppo di fondatrici del Brasile. Dopo aver molto lavorato nella nuova fondazione, affrontando sacrifici immensi, trascorre gli ultimi 21 anni della sua vita immobile a letto, tra grandi consolazioni e spaventose desolazioni, testimoniando alle sorelle brasiliane il prodigio di una misteriosa vitalità e fecondità anche nella malattia.
Paolina Lopai, la futura Sr Agata di S. Lucia, nasce a Firenze il 10 aprile 1876 ed entra nella Congregazione all’età di 21 anni. Fin dai primi momenti di incontro, si stabilisce tra lei e Madre Angelica un forte legame di comunione e di carità fraterna che nasce dalla stessa scelta di ideali e di amore alla Congregazione.
Con la professione religiosa nel 1900 le viene affidato l’incarico delle ragazze traviate per le quali non risparmiò sacrifici, consapevole della grande responsabilità verso queste fanciulle che ama immensamente.
Nel 1914 viene aperta la comunità di Cisternino e Sr Agata è incaricata della scuola di lavoro, che a quell’epoca raccoglie più di 75 allieve; vera artista nell’uncinetto fiorentino, mentre addestra le ragazze ai lavori più belli, le forma alla preghiera e ai valori del Vangelo, consapevole di preparare le future mamme e spose, educatrici dei propri figli; da quei gruppi nascono diverse vocazioni all’Istituto. Di costituzione fisica molto delicata, comincia ad avere i primi segni di una salute fragile ma mortificata e tenace come è, lavora instancabilmente, sempre facendo del suo meglio.
Nel 1919 è inviata in Brasile con la prima comunità che ha la missione di impiantare il carisma della Congregazione nella Terra di S. Cruz. Le superiore sono convinte che per il suo temperamento mite, profondamente spirituale e la forte carica di vita interiore, potrà trasmettere alle giovani che sarebbero entrate nella comunità il vero spirito Passionista. Nei primi anni Sr. Agata svolge compiti molto diversi: l’educazione delle bambine povere e infine la formazione delle Novizie, dalle quali esige, con la dolcezza e la fermezza tipica della pedagogia passionista, piena adesione e radicalità alla vocazione.
Nel 1928 torna in Italia per una visita di tre mesi; rivede con gioia le consorelle di Casa Madre e quando riparte ha come il presentimento di non rivedere più la sua patria. E, infatti, sarà così. Nel 1939 il suo stato di salute si aggrava ed è progressivamente costretta a letto, all’immobilità assoluta. Da quella cattedra di sofferenza, continua il suo ministero profetico di trasmettere e incarnare il carisma della Congregazione alle generazioni che entrano a far parte della comunità. Quando le Suore la visitano, raccomanda sempre la preghiera, l’unione con Dio, l’osservanza cordiale della Regola e l’amore alla missione. Conclude sempre con la richiesta di pregare per la sua perseveranza, tanto da stupire le Suore che si domandano il senso di quella richiesta; è certo che si riferisce alla perseveranza nella ricerca del bene, dell’impegno verso la santità, della carità fraterna. Muore all’alba del 28 settembre 1960, completando con l’offerta della sua vita, il suo contributo alla missione in Brasile.

(Come hanno testimoniato, pp. 231-250).

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