Il Vangelo vivente nei carismi e nella gioia di una cuoca

(1873 – 1956)

Si può considerare un Vangelo vivente in cui le beatitudini si sono realizzate in una povertà estrema, scelta e amata. Analfabeta, lavorando in cucina testimoniò l’apice del Vangelo con l’umiltà dell’ultimo posto. Grazie ad un dono della comunità di Quercianella, nella Casa Generalizia è venerata una statua di Maria Addolorata dalla quale ha ottenuto grazie e miracoli.

La vita di questa sorella si svolge nel nascondimento e nell’umiltà, nel servizio e nella generosa dedizione. La profezia della sua vita, analfabeta e senza alcun titolo di studio, è tutta nel dono totale di sé, senza chiedere mai nulla in cambio, con il solo premio di un’unione sempre più grande al Crocifisso Signore e a Maria Addolorata, che ama immensamente e alla quale si rivolge spesso, ottenendo grazie speciali. Chi ha modo di conoscerla, sia religiose che laici, lo intuisce, quindi si rivolge a lei per chiedere il suo intervento presso la S. Vergine.

Camilla Nascitelli, Sr Diomira del Paradiso nasce a Taranta Peligna (Chieti) il 16 settembre 1873, in una famiglia povera e numerosa; i genitori da soli non riescono a far fronte ai bisogni della famiglia, quindi Camilla si affianca a loro per aiutarli nel lavoro dei campi, che la impegna tutta la giornata. Nelle poche ore di riposo, si dedica alla preghiera e alle opere di carità. In paese è conosciuta come una ragazza buona, disponibile all’aiuto e all’ascolto, per cui è sempre cercata. In questo clima fiorisce la sua vocazione religiosa, unita alla sofferenza di non poter rispondere perché i genitori hanno bisogno di lei; infatti, prima li aiuta a sistemare i fratelli, poi li assiste fino alla fine. Quando è ormai libera da impegni familiari ha già 43 anni. Chiede di entrare nella Congregazione, ma occorre superare il limite dell’età, che allora è di 25 anni; le superiore l’accettano, vedendo in lei virtù e disposizioni d’animo fuori dal comune.

Fin dall’inizio dimostra una profonda gratitudine alla Congregazione che “si è degnata di accogliere lei, inutile buona a nulla, venuta a servire troppo tardi il Signore”. Per questo si considera sempre l’ultima, la serva e sceglie la parte più umile e pesante. Ha sete di nascondimento, di silenzio, di sacrificio, di lavoro, ama lo spirito di mortificazione. Dopo la professione, il suo campo di battaglia è la cucina: pentole, tegami, legna da spaccare, cibi da preparare. Dalla cucina, come dal pulpito di una chiesa, parla alle sorelle con l’eroica fedeltà della sua vita, con l’umiltà dell’ultimo posto, di colei che serve e cede anche il mantello a chi le chiede la tunica. Le sorelle si accorgono subito che è un “Vangelo vivente”. E la prima ad alzarsi e l’ultima ad andare a letto. Lavora per lunghi anni a Quercianella e anche lì, nonostante la vita nascosta, la gente si accorge della sua santità e, anche se istruita, si reca da lei per chiedere preghiere e consigli. Ama teneramente la Madonna e si unisce ai suoi dolori.
Richiamata a Casa Madre, trascorre gli ultimi anni della sua vita nella preghiera e nell’offerta. Molti sono convinti che la Vergine sia venuta più volte al suo capezzale e che sia venuta a prenderla per portarla in cielo. Il profumo della sua santità continua ad arricchire la Congregazione e ad indicare la grande risorsa di santità racchiusa nel carisma passionista.

(Come hanno testimoniato, pp. 215-229).

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