(1883-1967)
Cecilia Cencifrulli, Sr Felicita di Nostra Signora del Sacro Cuore, nasce ad Arezzo il 5 giugno 1883; della sua infanzia non si hanno notizie. All’età di 25 anni entra nella Congregazione, mentre è responsabile Madre Angelica. Dopo la professione, avvenuta nel 1910, passa tutto il resto della sua vita nella grande cucina di Casa Madre, che per lunghi anni ospita circa 50 suore e anche 250 ragazze.
L’elenco degli eventi che attraversano la vita di Sr Felicita finisce qui: ogni giorno lo stesso pesante lavoro, senza interruzione né diversivi, senza ferie né riposi particolari, se non gli otto giorni di Esercizi Spirituali annuali.
Eppure questa Sorella resta impressa nella memoria di quanti l’hanno conosciuta per l’eroismo della sua carità, per l’amore instancabile alla Congregazione che serviva nelle Sorelle e nelle bambine, per la continua unione con Dio anche nelle occupazioni più pesanti.
Impossibile descrivere la carità usta nei suoi cinquanta anni di cucina: carità spesso furtiva, nascosta a tutti, conosciuta solo dalla Sorella che si trovava al refettorio un cibo diverso, più appetitoso o leggero. Il suo più grande dispiacere era quando non poteva venire incontro alle necessità delle Sorelle anziane o malate perché mancavano i mezzi e le risorse, specialmente in tempo di guerra. Aveva un pensiero speciale per le postulanti perché capiva lo sforzo che dovevano fare per adattarsi alla nuova vita dopo aver lasciato gli affetti familiari.
Cercava di accontentare tutte, ma se aveva delle preferenze, erano per le sorelle più difficili e problematiche. A volte la si vedeva piangere: erano i momenti in cui non aveva la possibilità materiale per venire incontro a tutte, a causa della povertà che si trovava nella comunità. Quando non aveva altro, passava alla Sorella la sua pietanza, senza che nessuno lo sapesse.
Il suo era un lavoro durissimo: tutto il giorno in piedi, davanti alla cucina a legna, d’estate e di inverno. Il tempo libero era trascorso in Cappella, davanti allo Sposo Sacramentato. Tutte sapevano di trovarla lì nelle prime ore del pomeriggio.
Quando le gambe non la reggevano più, la responsabilità della cucina fu affidata a Suore più giovani; ella ne soffrì molto, ma accettò serena la volontà di Dio e continuò a prestare il suo aiuto: chi andava in cucina, poteva trovarla seduta in un angolo davanti ad enormi ceste di verdure e ortaggi da pulire, mentre pregava silenziosa. Ormai camminava a fatica, ma continuava ad alzarsi ogni mattina per la preghiera e la Messa, che lei considerava l’atto più importante della giornata. Lavorò fino a tre ore prima che la colpisse la paralisi che, in breve tempo, la condusse alla morte il 15 aprile 1967. Il suo esempio luminoso continua ad essere vivo nella Congregazione.
(Come hanno testimoniato, pp. 311 – 327).